“Non rigirare la frittata!” è uno dei modi di dire più comuni e lo si intende per quelli che hanno l’abilità scorretta di rigirare il senso di un discorso iniziale a loro favore. Il modo di dire è appunto un insegnamento simbolico: come non si rigira la frittata così neanche il discorso. Però come metafora traballa alquanto, perché la frittata invece, la rivoltiamo.
Eppure udite udite, nel libro di di cucina per antonomasia, “L’Artusi”, ossia “La scienza in cucina e l’arte del mangiare bene”, di Pellegrino Artusi datato 1891, al capitolo frittate l’autore dà per scontato che sia meglio non voltarle.
Cit.“145. Frittate diverse”: “Chi è che non sappia far le frittate? E chi è nel mondo che in vita sua non abbia fatta una qualche frittata? Pure non sarà del tutto superfluo il dirne due parole. Le uova per le frittate non è bene frullarle troppo: disfatele in una scodella colla forchetta e quando vedrete le chiare sciolte e immedesimate col torlo, smettete. Le frittate si fanno semplici e composte: semplice, per esempio, è quella in foglio alla fiorentina che quando un tale l’ebbe attorcigliata tutta sulla forchetta e fattone un boccone, si dice ne chiedesse una risma. Però riesce molto buona nell’eccellente olio toscano, anche perché non si cuoce che da una sola parte, il qual uso è sempre da preferirsi in quasi tutte.Quando è assodata la parte disotto, si rovescia la padella sopra un piatto sostenuto colla mano e si manda in tavola.(…)”.
Se consideriamo il primo ricettario moderno, il celeberrimo “Libro de Arte Coquinaria”, con le ricette di Maestro Martino (Martino de Bubeis), prima cuoco nelle cucine del Castello Sforzesco di Milano e poi al servizio del mondano patriarca di Aquileia, al secolo Ludovico Trevisan. Nel capitolo “per cocer ova in ogni modo”, cita come si preparavano le frittate a quei tempi.
Cit.“Frictata – Battirai l’ova molto bene, et inseme un poca de acqua, et un poco di lacte per farla un poco più morbida, item un poco di bon caso grattato, et cocirala in bon botiro perché sia più grassa. Et nota che per farla bona non vole esser voltata né molto cotta.”
Lorenzo il Magnifico, Francesco Sforza e Leonardo da Vinci, insomma, mangiavano la frittata non rivoltata.
E, ai tempi dell’antica Roma? L’unico ricettario di epoca romana che sia giunto fino a noi è il De re Coquinaria di Apicio (Marco Gavius Apicius) che si può datare intorno al 385 d. C. Numerose le ricette di frittate: la frittata con la lattuga, con i petali di rose, i fiori di sambuco, gli asparagi, il latte… e tutte non le rivoltavano se non nel piatto a cottura terminata.
Ecco così spiegata la genesi del modo di dire: in origine la frittata non andava rivoltata. ^_^
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Ora veniamo a noi...fare una frittata .... ma senza uova??? E' mai possibile??? Certo che sì ...ed anche i più scettici si ricrederanno ^_^
Ricordo ancora la prima volta che l'ho assaggiata quando ero alle prime armi nel destreggiarmi in ricette vegan; ne son rimasta assolutamente stupita! La trovai decisamente più buona, saporita e molto meno pesante che quella con le uova.
In gergo veg questa è la FARIFRITTATA ossia una frittata utilizzando la farina di ceci ottima sia per questo utilizzo che per altri. Quindi in realtà si tratta della più nota
FARINATA.
Narra la leggenda che tale Guglielmo di Pegli, Console dei Genovesi a Famagosta nel 1277, di ritorno nelle natie terre di Laviosa trovò la landa in preda alla carestia. Poiché nel periglioso viaggio per mare si scontrò vittorioso con un barco saraceno saccheggiandone come d'uso il carico e traendone schiavi, mise a disposizione delle plebi affamate le granaglie ivi trovate, ovvero 80 giare di ceci. I ceci furono macinati al molino Lomellini sul Varenna, e non adattandosi bene all'impasto a forma di pane, furono utilizzati per la cottura, a guisa di schiacciata, i tondi scudi saraceni...Nacque così la prima farinata, ed il pesante, tondo e piatto recipiente di rame oggi utilizzato per cuocerla, il "testo", prese forma e nome dallo scudo saraceno: dall'arabo aulico "teestoh" ovvero scudo.
La farinata è talmente squisita... da far scrivere a Lorenzo Stecchetti, poeta scapigliato meglio conosciuto come Olindo Guerrini (1845-1916), seduto una sera nel quartiere di Ponticello (Piazza Dante) a un tavolino dell'osteria Bedin, (famosa per la sua ottima farinata su ricetta pegliese), un sonetto intitolato Farinata senza Uberti:
"Dante, mal festi quando, nei tuoi versi,
parlando d'Ugolin preso alla magra,
chiamasti quei di Genova "diversi d'ogni costume e pien d'ogni magagna".
Or davvero essi son pel mondo spersi,
dall'uno all'altro polo, in Francia e in Spagna,
in America, in Cina, fra perversi selvaggi e fra civili, e niun si lagna.
Dell'ingiusto giudizio or la più fina vendetta sui tuoi canti hanno inventata,
e te la fanno sotto gli occhi aperti.
Tu celebrasti il grande degli Uberti
ed essi, in Ponticel, dalla Bedina,
celebrano ogni dì la Farinata."
FARIFRITTATA GUSTOSA
INGREDIENTI
dosi per 2 persone
300 ml di acqua
150 gr di farina di ceci
1 cipollotto o 1/2 cipolla di tropea
3/4 foglie di cavolo cappuccio
1 bicchiere di vino bianco fermo
olio evo
sale
pepe
erba aromatica a piacere (a me piace molto l'origano)
Stemperate la farina di ceci nell'acqua che deve essere a temperatura ambiente fino ad ottenere un composto omogeneo e senza grumi (se necessario usate anche una frusta di quelle classiche).
Aggiustate di sale e se volete pepe o erbe aromatiche che vi piacciono (prezzemolo,erba cipollina,origano), rimestate nuovamente e lasciate riposare per almeno 1 ora in frigorifero. Le classiche ricette dicono anche di più,alcune arrivano persino a 3 ore; per mia esperienza personale dico che 1 ora basta. (confesso che a volte ho lasciato anche solo mezz'ora in frigo per tempi davvero ristretti e mi sono sempre venute bene comunque).
Nel frattempo tagliate la verdura che preferite in questo caso io ci ho messo un po' di cipolla tagliata a dadini piccoli e il cavolo cappuccio tagliato a listarelle, ma vanno benissimo anche verza o zucchine a fiammifero o patate cotte e tagliate a rondelle. Fate saltare la verdura in un’ampia padella unta d’olio. In questo caso avendo utilizzato il cavolo cappuccio prima l'ho fatto intenerire ed appassire con un filo d'acqua e poi sfumare col vino bianco fermo assieme alla cipolla, poi ho messo l'olio.
Quando la verdura è pronta e la padella ormai è logicamente bella bollente assicuratevi che sia unta in tutte le sue parti , spianate bene le verdura aiutandovi con una spatola e rivestendo bene il fondo della padella.
A questo punto togliete dal frigo la pastella e rigiratela nella ciotola ... dovrebbe essere abbastanza cremosa ma non troppo come una classica pastella.
Unitela alle verdure in padella allargandola bene su tutta la superficie e lasciate che si rapprenda. Fate dorare bene la farifrittata su entrambi i lati utilizzando un bel coperchio piatto per rigirarla.
E’ ottima servita sia calda sia fredda.
NG (NOTAGUSTO): da provare con qualche goccia di riduzione di balsamico dolce oppure con salsa tamari (senza glutine) o shoyu se vi piace il gusto sapido e acceso di queste salse.